
Quando le luci del Tempio si affievoliscono e le Colonne sembrano vuote, quando il silenzio risuona più della Parola e la Compagnia si dissolve come nebbia, il Massone si ritrova nudo dinanzi a sé stesso: non più Maestro, non più Apprendista, ma soltanto Uomo.
È in quel momento che il vero Lavoro comincia.
Non più tra i marmi della Loggia, ma tra le crepe dell’anima.
Non più con gli strumenti visibili, ma con quelli interiori.
La Squadra, ora, serve a ricomporre il cuore; il Compasso a delimitare i pensieri che fuggono nel caos.
Il grembiule si fa invisibile, ma resta sul petto come promessa mai spenta.
Resta l’Uomo, fragile e potente, capace ancora di inginocchiarsi davanti all’altare della propria coscienza e dire:
Ricominciamo.
E così, nel silenzio, senza testimoni né onori, l’opera continua.
Perché chi ha visto la Luce, anche solo una volta, non potrà mai più vivere al buio senza sentirne la mancanza.
Essere Massoni significa scegliere consapevolmente una via fatta di studio, silenzio e costruzione interiore. È un percorso che invita a spogliarsi dell’ego per vestire l’abito dell’umiltà, perseguendo la perfezione morale e spirituale.
Ma, nonostante l’aura di nobiltà che circonda l’iniziato, non bisogna mai dimenticare che egli resta, prima di tutto, un Uomo. E l’Uomo, per natura, è fragile.
La storia ci insegna che anche tra gli spiriti più elevati si annidano le passioni più basse. Non sono mancati, nei secoli, uomini iniziati ai misteri, capaci di gesta straordinarie e visioni illuminate, che tuttavia hanno ceduto al richiamo del potere, alla vanità, alla discordia.
Alcuni protagonisti dei grandi movimenti storici, pur dichiarandosi portatori di luce, hanno mostrato all’occorrenza un cuore oscuro, offuscato da ambizioni personali.
L’ideale massonico affonda le radici nelle antiche arti liberali, da sempre considerate via di emancipazione dell’animo. Chi coltiva il sapere, riflette, ascolta, è colui che può rendere più nobili i suoi costumi. Tuttavia, apprendere non basta se non si è disposti a mutare sé stessi in profondità.
È più facile apprendere simboli che incarnarli.
All’interno della Loggia, ci si chiama Fratelli. Ma non basta il titolo per costruire una Fratellanza. Lì dove dovrebbe regnare l’Armonia, si insinua talvolta il sospetto, la delusione, il silenzio che isola.
Chi avrebbe dovuto custodire, rivela. Chi doveva guidare, si smarrisce. E così, talvolta, l’edificio interiore vacilla. Non per colpa dei profani, ma dei costruttori stessi.
Eppure, è proprio nella consapevolezza del limite che risiede la possibilità di elevarsi. Il Massone che cade e riconosce la sua caduta, resta degno. Quello che finge di esser luce mentre alimenta l’ombra, no.
Ognuno può errare, ma solo chi ha scolpito dentro di sé il desiderio di essere giusto, si rialzerà con maggiore fermezza. È questo il vero lavoro in Loggia: non quello apparente dei rituali, ma il silenzioso scalpello che leviga l’anima.
Perché, alla fine, essere Massoni significa solo questo: imparare a diventare Uomini. Davvero.
Quando un Massone si accorge di essere rimasto “solo un uomo”, cioè quando riconosce i propri limiti, le proprie cadute o deviazioni dal cammino iniziatico, ha davanti a sé una delle prove più alte del suo percorso: quella dell’umiltà e della consapevolezza.
Non è una sconfitta, ma un richiamo all’autenticità.
Accettare di essere imperfetti è un atto di verità. È il primo passo per ogni vera trasformazione. Il Massone non è un santo, ma un uomo che lotta con sé stesso ogni giorno.
Rimettere mano agli strumenti simbolici: Squadra e Compasso, per raddrizzare la propria condotta e delimitare le passioni. Tornare a scavare nella propria pietra grezza per riavvicinarsi alla forma che aspira a diventare.
Chiedere consiglio, ascoltare il silenzio dei Fratelli più saggi, non chiudersi nell’orgoglio. Un Massone non cammina mai davvero solo, se sa aprire il cuore alla Loggia e riconoscere i Fratelli come specchi e sostegno.
Riflettere sul potere e sul peso della parola data, su quanto si è pronunciato nei giuramenti, non come vincolo formale, ma come scelta morale profonda. Il Massone è chiamato a essere uomo di parola, anche e soprattutto con sé stesso.
Ogni errore è una pietra scura nel Tempio. Non va rimossa, ma integrata. Diventa parte della costruzione, memoria di ciò che non si vuole più essere.
Come l’alchimista, il Massone vero trasforma il piombo della sua umanità nell’oro della consapevolezza.
Quando resta solo uomo, il Massone ha ancora un’opportunità preziosa: tornare ad esserlo pienamente. Perché non è mai troppo tardi per rientrare nel Tempio interiore e ricominciare a costruire.
Antonio De Chiara
Durante il percorso iniziatico mi è capitato più volte di cadere o di accorgermi di essere caduto. Per fortuna mi hanno insegnato che l’importante non è non cadere ma rialzarsi.
Se a un Massone sfuggono di mano gli strumenti e cade nell’ombra nulla è perso, anzi : è un’opportunità di crescita reale, perchè è nella caduta che riconosciamo i nostri limiti e i nostri errori ed è nella caduta che abbiamo modo di conoscere meglio la nostra parte oscura e porla in equilibrio con il lato di luce attraverso un processo di purificazione, rettificazione e integrazione. Ma tutto questo richiede un lavoro equilibrato e reale con il martello e lo scalpello della nostra interiorità e con tutti gli strumenti del caso.
Se si sta percorrendo un percorso sbagliato non è mai tardi accorgersene e tornare indietro. Se si è Maestri ma ci si rende conto di avere carenze si ricomincia dall’Apprendistato. Io, ad esempio, ho rassegnato le dimissioni dalla GLIMM di Rito Egizio da Venerabile, perchè mi sono accorto che stavo su un percorso carente ed errato. Ho avuto cosi modo di ritornare a lavorare da Apprendista e da Compagno ( grado mai lavorato in precedenza) e ne sono felice perchè ne sento il giovamento.
La difficoltà principale sta nella differenza tra quello che comprendiamo mentalmente e quello che interiorizziamo con l’animo. Possiamo capire, ad esempio, il significato a grandi linee di un simbolo o di uno strumento ma, non interiorizzandoli, non li applichiamo alla vita reale e non evolviamo realmente.
Per fortuna non si è mai soli nel percorso. Abbiamo l’amore e gli insegnamenti dei Fratelli, la guida del Sorvegliante di riferimento e del Ven.mo, la Loggia, la Tradizione. A volte ci sembra scontato ma ci sono Fratelli che, anche grazie a un semplice consiglio, possono illuminarti su situazioni che ti affliggono da anni.
Io, sempre per esempio, non avevo interiorizzato bene l’applicazione del regolo e non lo avevo compreso. Da quando mi ritaglio il tempo ho numerosi vantaggi, sia personali che lavorativi.
Come detto nell’articolo, il Massone è pur sempre un Uomo. E cosi come le pietre in natura tendono a ritornare grezze, il Massone tende spesso verso gli istinti puramente umani.
Chi non lavora su stesso è destinato a restare nella condizione dei profani mentre chi lavora ma cade e si rialza è destinato alla trasformazione interiore richiesta per l’edificazione del Tempio Interiore. E’ compito di ogni Iniziato porre in equilibrio l’uomo e il Massone insiti in sè, per essere, citando Israel Regardie, in realtà “più che umani” perchè il vero Massone è vero Uomo e il vero Uomo è il vero Massone secondo me.
Ho detto,
Antonio
Emiliano Menicucci
Quando un Massone esce dal Tempio, quando non ha accanto a se i Fratelli, sì … li il Massone resta Uomo. Ma è proprio in questi momenti che egli ha la possibilità e l’opportunità di valutare il suo lavoro. Nel Tempio, con la sua atmosfera magica, con l’eggregore che inebria i nostri cuori, quando prima e dopo la tornata viviamo momenti di convivialità con i fratelli, è tutto più semplice. Quando usciamo da questo Luogo che alcuni chiamano rifugio – e sto riflettendo molto su questo concetto – altri chiamano casa , restiamo soli nel nostro Tempio interiore ed è in questo momento che siamo chiamati a fare i conti con noi stessi. Capiamo se effettivamente se ci stiamo trasformando, se l’interiorizzazione dei simboli diventa tangibile. Capiamo se siamo in movimento verso un obiettivo o stiamo girando intorno a noi stessi. Nella solitudine, non nell’isolamento, possiamo capire se il nostro Lavoro è concreto, utile, effettivo. In questi momenti possiamo comprendere se stiamo costruendo secondo i principi di Forza, Bellezza e Saggezza. Ed ecco che mi vengono in mente 3 simboli, quelle tre statuette che stanno accanto alle Luci:
– Ercole , la Forza. La Forza di compiere qualunque cosa? No! la Forza di crederci, la forza di persistere quando tutto sembra crollare, costruire laddove c’è caos, affrontare i mostri interiori senza fuggire. Quellla Forza della Ragione che deve consentirci di evitare pregiudizi e liberarci dalle catene. FORZA NON BRUTALITA’
– Venere, la Bellezza . La bellezza non è perfezione estetica ma capacità di riconoscere l’armonia laddove regna il caos. Quell’amore che eleva , non possiede ne tiene in catene. BELLEZZA NON VANITA’
– Minerva, la Saggezza. La conoscenza che va oltre l’arroganza, quell’intuzione che squarcia il velo della apparenza. La saggezza che unifica gli opposti. SAGGEZZA NON ARROGANZA
Ecco quando il Massone resta uomo ed il suo equlibrio sembra vacillare, questi simboli, risvegliati dentro di noi diventano il vero potere trasformativo
ho detto
Francesco Ropresti
Uomini…. E già questo dovrebbe bastare per ricordarci che siamo scesi, che siamo caduti dal cielo, attraversando i sette pianeti assorbendo vizi, limiti e passioni. I “peccati”, li portiamo dentro dalla nascita, non come condanna, ma come materia da trasformare. Per questo è giusto cadere, è giusto sbagliare. Senza errore non c’è insegnamento, senza insegnamento non esiste crescita. Essere Liberi Muratori non ci mette al riparo, anzi, ci espone. Ci spoglia di ogni scusa. Quando finisce la tornata e torniamo a casa, non smettiamo di essere quel che siamo nel profondo del nostro cuore. Togliamo i paramenti, sì, ma la clamide, i guanti, il grembiule… ormai ci abitano. Sono impressi nella nostra pelle. La Luce che abbiamo ricevuto è un fuoco perpetuo perchè abbiamo abbracciato il cammino…. il Tempio non mai vuoto…. e poi i miei Fratelli li sento accanto anche nel silenzio. Li sento parlare dentro di me. Li vedo nei gesti della vita. Li riconosco nelle scelte difficili, perché ho visto con i loro occhi, ho sentito attraverso le loro parole, ho imparato dai loro silenzi e non ho paura. Non sono solo, perchè sono loro e loro sanno che sono me. ..E persino il mio primo nemico… diventa un Maestro….specchio….ponte.
Ho detto
Andrea Spampinato
Numerose cadute e pari rialzi portano, da terra, alla postura eretta. Un passo avanti all’altro, con altre cadute e risalite, si inizia a camminare e nel viaggio stesso si impara a cadere, senza paura ma con prudenza. Ogni errore cela insegnamento come in ogni seme è una promessa. Il seme deve cadere a terra prima di fecondarla, come accade per gli errori. Non ogni seme germoglia, non da ogni errore si impara. Restando sulla pianta troppo a lungo può perdere fertilità. Ma nulla è davvero sprecato. Alcuni semi, non portando vita, possono nutrirne altra. Altri, cadendo più dall’alto, prendono colpi più duri. Tanto valgono i nostri errori. Non sempre e non solo noi impariamo da questi ma anche gli altri, oltre noi, vi possono trovare un insegnamento. Più duri i colpi, più profonda la lezione. E quelli più duri arrivano proprio in cosa ci sentivamo più sicuri o credevamo di aver capito di più. Ricordo a me stesso l’importanza dell’umiltà, perché è dalla terra che è partito il viaggio.
Ma non siamo soli. Così è stato fin dalla nostra nascita prima come uomini e poi come iniziati. Eravamo ciechi ma non abbandonati. Lasciati cadere e sbandare, ma guidati, assisti e sorvegliati, per imparare a rialzarci da soli. In ogni caduta un colpo di maglio e scalpello alla nostra ignoranza e in ogni colpo non una sfortuna ma una vibrazione che risveglia. Come piante, più andiamo verso l’alto, più ci esponiamo al vento. Ma, con radici ben salde a terra e un forte fusto, possiamo godere meglio della luce.
Ho detto