Le mura poligonali rappresentano uno degli enigmi più affascinanti dell’archeologia, testimonianza di una tecnica costruttiva così avanzata da sfidare la comprensione moderna. Queste strutture, chiamate anche “mura ciclopiche”, sono caratterizzate da blocchi di pietra enormi e irregolari, posati con precisione sorprendente, senza l’uso di leganti. Gli incastri perfetti delle pietre impediscono persino il passaggio di un foglio di carta tra di loro.

Classificazione e caratteristiche

Gli archeologi hanno proposto una classificazione in quattro “maniere” per descrivere l’evoluzione della tecnica delle mura poligonali, anche se questa suddivisione è controversa:

1. Prima maniera: Blocchi grezzi e disposti senza grande cura, con interstizi riempiti da frammenti di rincalzo.

2. Seconda maniera: Blocchi grossolanamente lavorati per ottenere piani di posa più regolari, ma con giunti ancora imperfetti.

3. Terza maniera: Blocchi lavorati con precisione, incastrati perfettamente senza spazi vuoti, con superfici lisce e forme poligonali.

4. Quarta maniera: Blocchi parallelepipedi, con piani di appoggio quasi orizzontali, più simili all’opera quadrata di epoca greco-romana.

Tecnologia avanzata e resistenza sismica

Le mura poligonali, al contrario delle mura romane più note, dimostrano una sofisticazione tecnologica straordinaria. L’assenza di leganti come la malta e l’uso di incastri precisi conferiscono loro un’elasticità naturale, rendendole altamente resistenti ai terremoti. È emblematico il caso delle mura di Alba Fucens, in Abruzzo, che hanno resistito intatte al devastante terremoto del 1915, mentre le costruzioni romane circostanti hanno subito gravi danni.

Questa resistenza è attribuita a un effetto di precompressione: i blocchi più pesanti sono posizionati nelle file superiori, bilanciando il carico in modo tale che le pietre possano oscillare senza crollare.

Domande senza risposta

Numerose domande rimangono irrisolte:

• Quali conoscenze tecnologiche e progettuali erano necessarie per realizzare queste strutture?

• Come venivano tagliati e levigati i blocchi con una precisione tale da garantire incastri perfetti?

• Quali strumenti e metodi erano usati per trasportare e posizionare pietre così massicce, alcune del peso di diverse tonnellate?

L’ipotesi tradizionale, che attribuisce queste opere a una moltitudine di operai dotati di strumenti rudimentali, appare insufficiente a spiegare la complessità e la raffinatezza di queste mura.

Eredità di un’antichità misteriosa

Le mura poligonali sono presenti in diverse parti del mondo, da Machu Picchu e Cuzco in Perù alle città di Saturno nel Lazio (Alatri, Anagni, Arpino, Atina e Ferentino) e ad Alba Fucens in Abruzzo. Questi siti, che testimoniano la capacità tecnica e il genio progettuale di civiltà a noi ancora poco conosciute, offrono uno sguardo su un passato che continua ad affascinare e a stimolare l’immaginazione.

Chi desidera osservare queste opere straordinarie di persona può visitare i siti citati, scoprendo così un frammento di un’antichità che ci lascia ancora oggi più domande che risposte.