
Carissimi Fratelli,
Il lavoro di oggi è dedicato al nostro nuovo Fratello Daniele, venuto appositamente dalla Francia per iniziare questo percorso verso la Luce insieme a tutti noi. Per questo la tavola che ho tracciato sarà incentrata sul silenzio, primo lavoro dell’apprendista.
Nella tradizione misteriosofica, tra quelle di orbita mediterranea, ve n’è una derivata dagli antichi culti egizi, dove il valore del silenzio iniziatico era profondamente sentito e coltivato. Fu in età ellenica dopo la conquista romana dell’Egitto che, da Alessandria, già culla di diverse scuole iniziatiche e crocevia di interscambi filosofico-culturali tra il vicino Oriente e la cultura greca, in tutti i territori dell’Impero Romano e in Grecia si svilupparono i Misteri Isiaci.
La divinità, da cui trae origine la personificazione del silenzio, è “Heru-p-Khart”(anche “Her-pa-herd”) ovvero “Horus il bambino/Horus il giovane”. L’ultimo glifo del nome è un fanciullo seduto mentre si porta il dito sulla bocca, inteso anticamente come gesto di alimentazione iniziatica ovvero l’introduzione, durante l’apprendimento, del cibo spirituale che il discepolo interiorizza per nutrire la sua conoscenza, proprio come fanno i Liberi Muratori durante le Agapi Rituali. Non a caso, nell’iconografia egizia, i fanciulli venivano raffigurati col dito sulla bocca.
Allineando al processo di trasformazione iniziatica i vocaboli latini “mutus” (che non parla) e “muto” (io cambio) questi sembrerebbero di significato coerente con quelli greci “mutos” (leggenda/racconto), “myo” (chiudere gli occhi/la bocca) e “mueo” (iniziare ai misteri). Dal latino silere (tacere), secondo la Tradizione Libero Muratoria, il silenzio è la prima forma disciplinare imposta agli apprendisti, quale comune denominatore di diverse culture esoteriche e ascetiche. Tre sono gli anni di silenzio imposti in Massoneria. Sette invece, nella Scuola Pitagorica, dovevano trascorrere prima di essere iscritti come apprendisti al mestiere. Nel Gabinetto di Riflessione regna il silenzio. Il bussante, ancor prima di essere iniziato, deve osservare un silenzio attivo ma composto e rispettoso, lo stesso che viene richiesto nell’ingresso in tutti i luoghi sacri. Mentre scriviamo in assoluto silenzio il nostro testamento, lo sguardo incontra per la prima volta la formula VITRIOL. Perfino il teschio sullo scrittoio ci osserva in silenzio, dicendoci e ricordandoci molto.
Il Silenzio ci porta all’ascolto del nostro Se, aumentando il grado di intensità della nostra percezione. Non è trascurabile che in tutte le epoche e latitudini abbiamo escogitato anche modi più rapidi, rispetto alla disciplina, per giungere a uno stato di silenzio interiore. Non sono rare notizie sull’uso di sostanze inebrianti o psicotrope, ricavate da tutto quello che in natura è disponibile, per entrare in una dimensione scollegata dal velenoso processo del pensare. Esistono però numerose vie, più sobrie, per la pace interiore. Alcune in forme di meditazione silente, usando la respirazione e i movimenti del corpo, quali il Taichi-Chuan, il Quigong, lo Yoga e molte discipline marziali. Altre invece utilizzano suoni, vibrazioni e danze musicali come i mantra, il rosario, i Dervisci Rotanti dell’Ordine Mevlevi, i balli della Taranta e altre pratiche apotropaiche di derivazione pagana. Perfino alcuni canti, musiche e cantilene sono utili, come quelle con cui gli schiavi, durante il duro lavoro nelle piantagioni, mettevano a tacere il senso della fatica.
Il Silenzio ci accompagna per mano fino a quel fanciullino tanto amato dal Fratello Giovanni Pascoli, il giovane Horus dentro ognuno di noi, soffocato dalla vita profana. Mi conforta leggere, di tanto in tanto, una vecchia fiaba dei Fratelli Grimm “La chiave d’oro”, ricordandomi che proprio il Silenzio può essere una chiave d’oro per aprire lo scrigno dov’è custodita la nostra purezza messa da parte, che non vediamo più e finiamo per dimenticare. Potremmo davvero accedere al nostro tesoro nascosto, che in quasi tutti forse resterà sepolto e sopito per l’intera esistenza.
Il silenzio interiore purifica e ricarica la consapevolezza, spazzando via i detriti del mondo di menzogna generatore di sofferenza, chiamato Samsara dagli orientali e dona quell’imperturbabilità come al risveglio dal sonno. Grazie alla disciplina, nella quiete, possiamo agire con pienezza e consapevolezza, concentrati su un banco di lavoro sempre sgombero. Per riuscirci però, dobbiamo mettere via la nostra storia personale, l’autocommiserazione, l’autostima ingannevole, il pensiero degli altri, le nostre paure, le insicurezze, le preoccupazioni, etc. Tutto questo intralcia, in un costante assillo, lo sviluppo delle nostre potenzialità, come per una pianta che non può generare i frutti sperati, sempre potata e recisa ad ogni germoglio.
Con la disciplina del Silenzio, carissimo Daniele, possiate mantenere saldo il Vostro stato di quiete a dispetto degli impetuosi fortunali della vita, poiché i veri saggi dei nostri tempi non abitano le irraggiungibili vette delle montagne o le desolate distese dei deserti ma il caos delle città. Semmai i moti convettivi del Vostro animo si presenteranno, la Vostra quiete dovrà pareggiare la clessidra che torreggia ad Oriente, davanti al Ven.mo Maestro. Così come il tempo che essa contiene, misurato e protetto, possiate Voi in pace essere custodito dai fattori esterni.
Semmai le distanze geografiche arrecheranno in Voi un tentennamento, sappiate che da qui in avanti siete unito al cuore dei vostri Fratelli con un sottile filo invisibile, che non conosce limiti nello spazio come nel tempo. Semmai penserete che il Lavoro da Voi compiuto, possa essere di minor qualità, per la “lontananza” che Vi separa dai Vostri Fratelli, possiate Voi mai dimenticare che nel nostro Mestiere non vale il numero di volte ma, sembra difficile da credere, varrà quanto del Vostro cuore metterete in quelle volte.
Lasciate che il silenzio agisca per Voi.
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