Questo brano tratto dai Sei punti teosofici di Jacob Böhme offre un’intensa riflessione sulla natura dell’amore divino e sul processo interiore necessario per accoglierlo. Il dialogo tra lo studente e il maestro guida il lettore verso un’illuminazione progressiva, attraverso domande e risposte che esplorano il concetto di silenzio interiore e la rinuncia all’ego.

Il dialogo tra studente e maestro

Lo scambio inizia con una domanda fondamentale dello studente:

«Caro Maestro! Dimmi: dov’è [l’amore] nell’uomo?».

Il maestro risponde con semplicità disarmante, eppure con una profondità che invita alla meditazione:

«Dove l’uomo non risiede, quello è il suo posto».

Questa risposta, enigmatica e provocatoria, spinge il lettore a interrogarsi sulla relazione tra l’ego e l’amore. L’amore, secondo Böhme, non può coesistere con il dominio dell’ego; il suo “luogo” è al di fuori dell’ambito dell’egoismo umano.

Alla domanda successiva dello studente, che cerca di chiarire:

«Qual è il luogo in cui l’uomo non risiede in se stesso?»,

il maestro offre una visione più articolata:

«Esso è l’anima che si rassegna, portata al suolo. Laddove l’anima muore alla sua volontà e non desidera nulla più che la volontà di Dio, là sta l’amore».

Il silenzio interiore come spazio dell’amore divino

Queste parole rivelano il nucleo della spiritualità di Böhme: l’amore divino si manifesta dove l’ego cessa di esistere, dove l’anima si arrende completamente alla volontà divina. È un processo di “morte” alla volontà egoistica, che lascia spazio a una dimensione più elevata.

Il maestro prosegue:

«Nella misura in cui la volontà egoistica è morta a se stessa, esso [l’amore] prende per sé il posto prima occupato da tale volontà. Adesso in quel punto non c’è nulla, e dove non c’è nulla è all’opera l’amore di Dio».

Questa affermazione sottolinea come il vuoto interiore non sia un’assenza, ma un’opportunità. È uno spazio di trasformazione in cui l’amore di Dio può fluire liberamente.

Una chiamata all’abbandono

L’insegnamento di Böhme non è solo filosofico, ma profondamente pratico. Esorta il lettore a intraprendere un cammino di abbandono e rinuncia all’ego, un percorso che conduce al “silenzio interiore” in cui risiede l’amore divino. Questa “morte” alla propria volontà non è un annullamento dell’essere, ma una sua rigenerazione: l’anima, liberata dai vincoli dell’egoismo, si apre alla grazia e alla volontà divina.

Conclusione

Il dialogo ci invita a riflettere su una verità universale: l’amore autentico non è il frutto di un desiderio o di un possesso, ma il risultato di una resa completa. Nelle parole di Böhme, la via verso l’amore di Dio passa attraverso la rinuncia, il silenzio e la totale apertura alla volontà divina. Un messaggio che, oggi come allora, risuona come una guida per chi cerca una connessione più profonda con il sacro.