
Nasciamo nudi e nudi moriamo e nel mezzo litighiamo per possedere qualcosa e giudichiamo senza averne il diritto.
Da questo spunto, parte la mia umile analisi sul percorso che ognuno di noi affronta giorno dopo giorno momento dopo momento emozione dopo emozione, nel proprio quotidiano, dal primo incosciente istante verso la luce all’ultimo respiro cosciente verso la fine terrena e nel mezzo appunto, LA NOSTRA VITA.
Dal primo momento di contatto nudo con il mondo esterno al grembo materno, la prima entità che ci viene incontro è proprio la luce, che inonda il nostro corpo e la sua sola superficie ed inconsciamente la nostra anima.
In un mondo utopico se avessimo coscienza dell’evento alla nostra tenera età, l’importanza di questo accadimento, sono sicuro che renderebbe migliore ogni essere umano.
La luce quindi intesa non solo come illuminazione fisica e morale di un corpo nudo, ma anche come segnale forte di come quando tutto è chiaro nella vita, essa là si possa affrontare con più coraggio e consapevolezza, lontano da quegli abiti che coprono ed impediscono la penetrazione
della luce stessa nel nostro cuore.
Ma come affronta la sua vita il profano?
Nel tempo di mezzo, tra una nudità e l’altra, ci vestiamo, ci copriamo di maschere indossate a volte diverse dal nostro vero volto, abiti più grandi o più piccoli che riducono il nostro corpo a marionetta incurvata ingobbita appesantita e spesso inespressiva.
Costruiamo sovrastrutture inutili e macchinose che a volte impediscono a noi stessi di percepire la semplicità nascosta nell’esistenza, ovvero amore, condivisione, fratellanza, rispetto, valori ben tenuti saldi all’interno di un’area sacra come il tempio, dove ognuno di noi è messo spesso a nudo di fronte ai fratelli sia fisicamente che figurativamente.
Ricordo durante gli studi universitari, un mio esame legato a questo tema, si analizzava attraverso un bellissimo dipinto del Tiziano il senso del sacro e del profano.
Il quadro che cito, rappresenta una donna nuda ed una vestita, in esse si nasconde però un tema infinito e quasi ancestrale.
Il dipinto, sicuramente allude ad una lettura in chiave moralistica ed in questo caso anche paradossale rispetto al percorso iniziatico di un fratello, che al contrario dell’interpretazione ufficiale dato nella storia a questo quadro, vede nella nudità il sacro e nella pesantezza degli abiti il profano (in questo caso inteso nel termine più ampio rispetto al concetto del Pro-Fanum, proprio della massoneria).
Ricordo bene come il professore nel sottolineare questi temi, ci diede uno spunto in più rispetto al dipinto stesso.
Ci venne chiesto di soffermarci solo sulla figura nuda facendoci notare anche solo quanto il mondo si dividesse rispetto alla nudità stessa, da alcuni considerata sacra da altri profana, insomma quasi come fosse un quadro nel quadro(oggi mi viene quasi da pensare che probabilmente quel professore fosse un fratello).
In quella figura c’è chi vede nella nudità il sacro percependone profondamente il senso iniziatico, la bellezza della nudità dell’anima che nulla può nascondere e quella del corpo in equilibrio rispetto alla natura percepita e quella astratta.
Altri a parer mio i profani e gli uomini persi, ingannanti, percepiscono nella nudità il dissacrante, la non purezza, l’oscurità, il peccato iniziale, che ha condotto l’uomo verso le tenebre, incappando nel proprio percorso nelle trappole più bieche ed infami che gli si pongono di fronte, l’anti moralismo, il peccato della carne rispetto allo spirito.
Già questo lascia intendere la meravigliosa bellezza della vita affrontata spogliati da ogni egoismo e da ogni pensiero malevole, rispetto all’esistenza affrontata da chi non comprendendo la grazia della nudità vive con un dito puntato e giudicante, nell’oscurità di un abito che copre ogni nostra forma fisica e spirituale.
Perché ho voluto sottolineare tutto ciò, perché credo che la nascita e la morte che avvengono spogliati di tutto, celino un messaggio su come inizialmente bisognerebbe affrontare l’esistenza, ma anche il monito finale di come sarebbe dovuta essere stata affrontata ed infine un invito di come essa debba essere condotta dopo la morte, ergo, in questi tre momenti topici, un unica e
presente costante: l’ascensione di chi percepisce i buoni Valori che la luce trasmette ad un corpo e ad un spirito nudo.
Quando accogliamo la luce ed essa si accorge di noi e ci insegna ad inseguirla costantemente, non ci copriamo più e trascorriamo il tempo rimanente a ritrovare la nostra vera pelle, quella nudità dell’anima che dovrebbe accompagnarci verso la consapevolezza.
Questo ultimo stralcio a mio avviso rappresenta quel percorso iniziatico pieno dei più alti e sani valori, che ognuno di noi sta affrontando insieme ai suoi fratelli, un percorso lungo faticoso ma inondato di luce su un corpo nudo piuttosto che vestito.